Proprio qualche giorno fa si accennava ai rischi derivanti dall'utilizzo dei social network in azienda. Tra le paure maggiori veniva menzionata la "possibilità di un danno d'immagine". Giusto il tempo di passare un tranquillo fine settimana ed ecco presentarsi un esempio calzante sul tema. La "vittima" è niente poco di meno che il re della ricerca: Google.
Azione. Lauren Turner, autrice di "Google Health Advertising Blog", il blog del colosso americano che si occupa delle inserzioni riguardanti la sfera della salute, scriveva dell'ultimo lavoro di Michael Moore, interessato alla situazione della sanità statunitense. Con un tono molto critico nei confronti del film, la Turner invitava gli inserzionisti ad utilizzare i mezzi offerti da Google, per rispondere adeguatamente alla accuse sollevate dal film, in modo da attutire l’impatto negativo della pellicola sull’opinione pubblica. Una uscita che toccava due nervi scoperti in un colpo solo: il servizio sanitario ed il potere di Google di influenzare l'opinione pubblica.
Reazione. Il risultato è stato imbarazzante. Uno dopo l'altro i blog hanno ripreso e commentato il fatto. Nonostante il blog in questione non permetta i commenti, non è difficile accorgersi delle reazioni polemiche al post, grazie all'elenco dei blog che lo linkano. Tra i titoli dei post di commento, molti fanno riferimento al motto aziendale "Don't be evil", chiaramente in chiave ironica.
Controreazione. Resosi conto della caduta di stile, Google corre al riparo. Il primo di luglio, due giorni dopo il fattaccio, la Turner pubblica un post chiarificatore, nel quale si assume le responsabilità di quanto scritto, "scagionando" l'azienda e invitando i lettori a fare riferimento al blog ufficiale per il punto di vista aziendale. Il due luglio, proprio su "The Official Google Blog" appare un ulteriore chiarimento, nel quale si sottolinea come Google "condivide molte delle preoccupazioni che il Sig. Moore ha espresso sul costo e sulla disponibilità dell'assistenza sanitaria in America" e si invitano i lettori a leggere i precedenti post dell'azienda sul tema.
Considerazioni. Affermare che "Google Health Advertising Blog" non esprima il punto di vista aziendale, mi sembra un po' azzardato per due motivi:
Azione. Lauren Turner, autrice di "Google Health Advertising Blog", il blog del colosso americano che si occupa delle inserzioni riguardanti la sfera della salute, scriveva dell'ultimo lavoro di Michael Moore, interessato alla situazione della sanità statunitense. Con un tono molto critico nei confronti del film, la Turner invitava gli inserzionisti ad utilizzare i mezzi offerti da Google, per rispondere adeguatamente alla accuse sollevate dal film, in modo da attutire l’impatto negativo della pellicola sull’opinione pubblica. Una uscita che toccava due nervi scoperti in un colpo solo: il servizio sanitario ed il potere di Google di influenzare l'opinione pubblica.
Reazione. Il risultato è stato imbarazzante. Uno dopo l'altro i blog hanno ripreso e commentato il fatto. Nonostante il blog in questione non permetta i commenti, non è difficile accorgersi delle reazioni polemiche al post, grazie all'elenco dei blog che lo linkano. Tra i titoli dei post di commento, molti fanno riferimento al motto aziendale "Don't be evil", chiaramente in chiave ironica.
Controreazione. Resosi conto della caduta di stile, Google corre al riparo. Il primo di luglio, due giorni dopo il fattaccio, la Turner pubblica un post chiarificatore, nel quale si assume le responsabilità di quanto scritto, "scagionando" l'azienda e invitando i lettori a fare riferimento al blog ufficiale per il punto di vista aziendale. Il due luglio, proprio su "The Official Google Blog" appare un ulteriore chiarimento, nel quale si sottolinea come Google "condivide molte delle preoccupazioni che il Sig. Moore ha espresso sul costo e sulla disponibilità dell'assistenza sanitaria in America" e si invitano i lettori a leggere i precedenti post dell'azienda sul tema.
Considerazioni. Affermare che "Google Health Advertising Blog" non esprima il punto di vista aziendale, mi sembra un po' azzardato per due motivi:
- Il nome di Google è in bella vista tanto nell'indirizzo web, quanto nel blog, dove, in alto a sinistra, è presente anche il logo.
- Il blog è presente nel blogroll di quello ufficiale, sotto la categoria "More Google Blogs" e non sotto quella "Blogs By Googlers". La prima fa riferimento ai blog dell'azienda, la seconda a quelli dei dipendenti dell'azienda. La differenza mi sembra netta.
3 commenti:
A quest'ora non mi viene nulla di intelligente da scrivere.
Posso solo dire che ho letto con piacere il tuo post, istruttivo e divertente. Mi hai rallegrato la serata. Grazie ;-)
Probabilmente è vero quello che dice l’autore del blog di Google e magari il noto motore di ricerca non ha previsto una politica di questo tipo a riguardo del documentario di Moore, ma ormai la frittata è fatta. Tutta questa vicenda deve però farci riflettere sulla natura commerciale di Google e sul fatto che, come ha scritto l’Inquirer, ci dobbiamo svegliare dal sonno e porre fine al sogno Google. Non è soltanto il miglior motore di ricerca al Mondo, ma una compagnia finalizzata al profitto che per di più usa vecchi trucchi pubblictari.
A questo punti mi sorge spontanea una domanda: visto che Google è il motore di ricerca più usato al Mondo, cosa succederebbe se esso decidesse di pilotare i risultati delle ricerche? La sua policy fin ora, per quanto se ne sa, è andata nella direzione opposta, ma potremmo svegliarci un giorno e capire che il sogno Google in realtà era un incubo!!!
@ Roldano: Grazie a te per essere passato.. ;)
@ Salpetti: Credo che il problema che poni non riguarda solo Google, ma tutto il mercato della ricerca. Un rischio del genere, però, dovrebbe essere scongiurato dalla pluralità dei motori esistenti. Anche nel settore della stampa, i giornali prediligono alcune notizie ad altre, secondo il loro orientamento, ma si può sempre leggere un altro giornale..
Il vero rischio sarebbe negli eventuali accordi tra motori ed operatori telefonici, tramite i quali velocizzare un motore a scapito di altri. Ma in un paese democratico questo non dovrebbe accadere..
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