- ottenere la registrazione obbligatoria al blog prima che il visitatore possa inserire qualsiasi commento, in modo da limitare il numero di commenti poco seri.
- anteporre un filtro ai commenti, i quali saranno visionati da un moderatore prima di essere pubblicati.
- privare il blog aziendale dell’area dedicata ai commenti, cercando altre vie per l’interazione con il visitatore.
Azioni che, tuttavia, non sembrano molto sagge. Se, nel primo caso, le relazioni perse per il tempo necessario alla registrazione, sono controbilanciate dalle informazioni che l'azienda può ottenere sui visitatori, decidere di non pubblicare i commenti negativi ricevuti sarebbe come attivare una bomba ad orologeria, pronta a scoppiare in qualsiasi altro luogo della blogosfera, la cui onda d'urto raggiungerà, prima o poi, l'azienda. Ben diversa l'ultima opzione, che finisce con lo snaturare lo strumento blog, rendendo, di fatto, più macchinosa l'interazione.
Azioni che, inoltre, affrontano in modo sbagliato il problema. Come diceva Alessio Jacona nell'intervista proposta qualche giorno fa, questo aspetto esula dal corporate blog in sè. Infatti, qualora si volessero diffondere notizie contro l’azienda ed il suo comportamento, ci sarebbero a disposizione migliaia di altri blog, altrettanto frequentati.
Cosa fare dunque? Innanzititto svolgere un'analisi approfondita della propria azienda, individuando punti di forza e punti deboli. Successivamente, stabilire una strategia di comunicazione, il che permetterà di non farsi trovare impreparati nella gestione dei commenti.
Questo è quanto hanno fatto a Mandarina Duck, ma come afferma il responsabile del progetto Alessandro Leoni, in un intervento ripreso da DistrettoPmi, non è stato facile:
”All'inizio abbiamo dovuto superare un fortissimo blocco interno. La domanda che ci siamo posti e che siamo sentiti porre era se questa iniziativa fosse una vera opportunità o non rappresentasse piuttosto una minaccia. Il timore più forte è che si trasformasse in un boomerang per l'immagine della nostra azienda. Il customer service era il più preoccupato. Intimorito dall'idea che i clienti potessero utilizzare il blog come spazio per criticare , magari con toni poco consoni, eventuali difetti di produzione, amplificando, con effetti negativi, problemi fisiologici che qualsiasi casa di produzione può incontrare”.
“Avevamo probabilmente sottovalutato i nostri clienti, che in realtà continuano a rivolgersi ai canali deputati per eventuali problemi di difettosità dei prodotti: esiste un servizio clienti e lì inoltrano le loro richieste . Il corporate blog è diventato dunque il luogo dove attivare nuove modalità relazionali con i nostri clienti, anche e soprattutto in un'ottica di brand protection”.
Da queste ultime parole si deduce come sia importante stabilire con il pubblico le modalità di utilizzo del blog. Cosa si può e cosa non si può fare. Il team di Google Italia, per esempio, nel momento in cui ha deciso di aprire i commenti, metteva alcuni paletti:
"Come ogni casa che si rispetti, anche la nostra ha delle regole: ovviamente chiare, e poche. Diciamo che nella casa può entrare chi vuole, basta che sia educato e non invogli nessun'altro a uscire, cercando di rimanere all'interno dell'argomento di discussione, in modo che tutti possano beneficiarne e prendere parte al discorso. Fine delle regole. Essendo facili da rispettare, sono sicuro che potremo spendere il nostro tempo sul blog comunicando con voi e ascoltando cosa avete da dire, ma soprattutto da dirvi. Ci piacerebbe che in questa piazza le persone si incontrassero condividendo interessi comuni".
6 commenti:
E' vero, la paura principale delle aziende italiane nel confrontarsi con la rete è quella di non saper gestire eventuali critiche o commenti negativi ai propri prodotti.
Comunque, sono convinto che prima di aprirsi al corporate blog occorra capire e definire cosa si vuole ottenere da questo strumento. Portando l'esperienza relativa al nostro blog aziendale, ciò che ci ha spinto ad utilizzare questo strumento è stata la predisposizione all'innovazione da tutti i punti di vista e, perchè no, anche dal lato della comunicazione e del rapporto con il mercato. Oltretutto credo che il blog sia un ottimo mezzo per chi, come noi, non avendo grossissimi budget da dedicare alla comunicazione convenzionale off-line a sostegno del brand, può sfruttare questo strumento capace di incrementare da un lato la brand awarness e dall'altro dare un volto più umano ad un marchio e ad un'azienda (a certe condizioni!).
Abbiamo scelto di non filtrare nessun commento perchè vogliamo dare possibilità a chiunque di dire la propria sui nostri prodotti, sulle nostre idee e convinzioni, anche a costo di beccare qualche critica negativa che, se gestita in ottica di miglioramento, non può che essere uno stimolo a fare sempre meglio.
Personalmente, non penso che si possa eguagliare Paesi come gli USA, ma anche da noi in Italia qualcosa inizia a muoversi sul versante corporate blog e, strano ma vero, gli apripista in questo momento sono soprattutto piccole-medie imprese.
Un saluto a tutti.
Ciao Massimiliano, ti ringrazio per la tua testimonianza. Sentire la voce di chi vive in prima persona l'esperienza del corporate blogging non può far altro che farci crescere. E poi hai detto cose sacrosante!
Ho visto che il vostro è un blog scritto a sei mani. Pensi che ogni autore si occuperà di aspetti diversi? Avete una blogging policy a cui attenervi? E inoltre, che strumenti utilizzate per monitorare la blogosfera?
Ciao e scusa l'interrogatorio.. ;)
Interessante, come al solito, il tuo post. La considerazione sui commenti negativi credo che coinvolga a tutto tondo la comunicazione aziendale, ma in maniera peculiare il corporate blogging in quanto comunicazione interattiva e bidirezionale. Personalmente vedendo la questione dal punto di vista dei consumatori credo che leggere una opinione (non riesco a trovare l apostrofo su questa tastiera, scusatemi!)non positiva possa solo avvalorare la veridicita del blog, soprattutto se commenti costruttivi con risposte tempestive e concrete. Personalmente ho inviato tempo fa una e-mail alla Mandarina Duck, che mi ha risposto subito e in maniera competente, sono rimasto del tutto soddisfatto, se la gestione del blog sara su questo livello non puo solo avvalorare la bonta'dell'azienda.
Ciao Alessandro,
non devi ringraziarmi, in quanto penso che portare testimonianze concrete su come le aziende (anche le più piccole) si attrezzano per fronteggiare sfide sempre più agguerrite, non può fare che bene a tutto il sistema e quindi far ricadere benefici a pioggia per tutti. E siti come questo sono importanti per creare gruppi di discussione e spunti per il dibattito.
Rispondo volentieri alle tue domande dicendo che effettivamente siamo in tre a scrivere sul nostro Blog. Tendenzialmente ognuno ha i suoi campi di azione (io, nello specifico mi occupo degli aspetti di marketing e della comunicazione). Comunque, l'obiettivo è quello di dare ad ognuno piena libertà di scrivere ciò che vuole sul blog, anche ciò che non riguarda direttamente la nostra attività, proprio perchè in questo modo possiamo accostare più facilmente all'immagine del brand anche l'anima, la personalità, le convinzioni individuali di chi dietro quel brand ci lavora e si adopera per farlo crescere. E' normale che ciò può essere fatto molto meglio quando a scrivere sono poche persone che oltretutto si conoscono molto bene ed hanno creato l'azienda. Più difficile è farlo quando sono in molti ad occuparsi del blog, penso in questo caso alle grandi corporate. In questo caso forse sarebbe meglio fissare bene dei paletti per non far si che questo strumento possa ritorcersi contro.
A presto.
Una buona serie, Alessandro. Il blog della Mandarina non mi ha colpito troppo, ma forse perche' sono fuori dalla cultura contemporanea italiana da troppo. Paragonandolo a blog statunitensi, mi e' sembrato un po' leggerino come contenuto.
Sono d'accordo con Massimiliano e Filippo, i commenti sono utili soprattutto quando negativi, o comunque critici. Quando un cliente ha l'ooprtunita' di dirci quello che pensa del nostro prodotto o servizio abbiamo le basi per iniziare un dialogo vero. E comunque il prodotto finale a mio avviso e' sempre il rapporto stretto con i consumatori. E' piu' facile essere aperti quando non si e' troppo grossi come azienda -- si ha piu' appetito per il rischio.
Vedo che sono emersi aspetti molto interessanti. Bisognerebbe fare un post per ognuno di loro!
@ Filippo: felice che tu abbia ritrovato l'apostrofo.. ;)
Scherzi a parte, concordo col tuo pensiero. Probabilmente la paura delle aziende risiede nell'impreparazione nel dare risposte concrete, costruttive e, soprattutto, celeri. Credo che le aziende abbiano già interiorizzato l'equazione "commento negativo = possibile crescita" (penso,ad esempio, ai panel utilizzati per lo sviluppo dei prodotti). Ciò a cui non sono preparate è la gestione pubblica di questi commenti. La paura è quella di "contaminare" il resto delle persone. Tuttavia, come dice Alessio Jacona, questo avverrebbe in ogni caso.
@ Massimiliano e Valeria: Concordo sul fatto che le dimensioni dell'azienda sono una discriminante importante. L'appetito per il rischio rende le piccole aziende più recettive. Magari l'approccio è meno scientifico rispetto a quello di un'azienda con ingenti somme da investire, ma quel che conta è il risultato conseguito.
@ Valeria: Non sminuirci i blog italiani... ;)
Non ho mai approfondito personalmente i temi trattati dai blog americani, ma da quello che ho letto in giro, vedo che c'è una certa predisposizione a parlare di argomenti legati al settore di appartenenza, toccando le implicazioni sulla società, sull'ambiente, ecc. Sarei felice(issimo) se portassi qualche esempio. Credo che il taglio che si dà dipenda dai valori di cui si vuol fare portavoce l'azienda e, quindi, dall'immagine che vuol far trasparire.
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