lunedì 7 maggio 2007

L'inferno di Google..

Leggo su punto informatico dello scambio di opinioni a distanza tra Matt Cutts, ingegnere antispam di Google, ed il giornalista Andy Greenberg. Il tutto nasce da un articolo pubblicato su Forbes in cui il giornalista parla del cosiddetto Google Hell, una sorta di limbo, un indice di seconda categoria, dove Google dirigerebbe i siti che riterrebbe abbiano commesso scorrettezze, facendoli cadere nell'anonimato. Matt Cutts risponde dicendo che l'esistenza di un indice supplementare è necessario per il buon funzionamento del motore di ricerca e che il trovarsi al suo interno non è dovuto a penalizzazioni, ma semplicemente al PageRank, il cui algoritmo viene aggiornato per evitare lo spam. Quindi consiglia di rivolgersi ad un Seo White-Hat [1] per meglio posizionarsi. La vicenda offre due spunti di riflessione.

Il primo riguarda l'azienda Google. Una volta dissolto quell'alone di purezza intorno a lei (ovvero.. da quando fattura miliardi..) gli attacchi sono sempre più frequenti ed i blog dei suoi dipendenti, che al contrario di quello aziendale permettono i commenti, sembrano validi scudieri.

Il secondo riguarda le aziende indicizzate dal motore di ricerca. Scomparire all'improvviso dai risultati principali può arrecare danni enormi ad un'impresa, soprattutto se la sua visibilità deriva quasi totalmente dai motori di ricerca. In che modo è possibile tutelarsi?

Glossario:

[1] Seo White-Hat: Chi si occupa di migliorare il posizionamento di una pagina web nei risultati forniti da un motore di ricerca, seguendo le linee guida date dai motori di ricerca stessi, per non cadere in pratiche che porterebbero al declassamento del sito nei risultati.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Non per niente si dice: "se non sei su google non esisti".

Addirittura esiste una variante moderna, coniata da Alessio Jacona che estremizza: "se non sei su Twitter non esisti". Ma questa è un'altra storia...

In effetti la riflessione su quanto le singole aziende dipendano da Google relativamente alla loro visibilità è un argomento estremamente interessante.

Francesco Biacca ha detto...

ciao!
innanzitutto complimenti e benvenuto nel mondo dei blogger ...
Una piccola precisazione: credo che il giornalista di Forbes volesse fare riferimento a ciò che in gergo sono chiamate "sandbox" (a parte il termine diverso, la sostanza non cambia).

A parte questo dettaglio, da quando Google è diventata miliardaria siamo tornati in regime di "bolla della new economy" dove le aziende stanno spendendo fantastiliardi per acquisire società e sottosocietà alla scoperta di mercati del tutto nuovi. E, come Microsoft in passato, adesso Google diventerà Satana della Rete.

Tuttavia c'è una grossa differenza tra le due. Una delle accuse più pesanti rivolte a Microsoft era "cosa se ne faccia dei dati che si dice prenda oscuramente dai pc sui quali è installato windows". Di google sappiamo apertamente che ha tutti i dati riguardanti la nostra navigazione su internet (basta guardare google history per farsi un'idea), quindi credo che il clima diventerà sempre più rovente :(

alessandro ha detto...

@ Luca: non ho ancora sperimentato Twitter, ma magari c'è già qualcuno che sta pensando di utilizzarlo nel mondo del business..

@ Francesco: Il problema della privacy in rete è scoppiato soprattutto negli Stati Uniti, dopo l'approvazione del famoso Patriot Act. In Italia sembra non ci si ponga il problema.. si parla solo delle intercettazioni telefoniche.. ;)
Ps. Grazie per l'accoglienza :)